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Il centro abitato di Archi, di struttura tipicamente medioevale, è sovrastato dall’antico Castello, le cui notizie risalgono circa all’anno Mille, quando presso il fiume Sangro esisteva una località denominata Fara Adami. Oggi, a distanza di tanti secoli, del Castello restano pochi ruderi. A pianta quadrangolare, era protetto da due torri, una di forma circolare e l’altra quadrata, oltre che da una cortina muraria sulla quale si aprivano varie feritoie per l’uso delle armi da difesa. Conteneva al suo interno un ampio cortile con il pozzo e la cisterna per la raccolta e la conservazione dell’acqua piovana. La storia di Archi è legata ai feudatari che nel corso dei secoli si alternarono nel possesso del Castello. Tra questi, si ricorda Martino de Segna che a metà del Cinquecento lo fece restaurare dal mastro Antonio Malerba, ma per le troppe spese sostenute nell’opera fu poi costretto a venderlo all’asta. Archi fu possesso anche di Fabrizio Colonna e di altre famiglie nobili, delle quali l’ultima fu quella degli Adimari, marchesi di Bomba. Se nei tempi più antichi il Castello aveva avuto una funzione difensiva dagli assalti nemici, in seguito, cessati questi pericoli , fu trasformato in una residenza nobiliare. Alla fine del Settecento, quando venne abolito il sistema feudale, passò in proprietà della Regia Corte di Napoli e dopo l’Unità d’Italia fu acquistato dalla famiglia Lannutti, che pensò di restaurarlo per riparare i danni subiti dall’edificio durante la seconda guerra mondiale. Attualmente ne rimangono solo pochi resti: il lato orientale è completamente scomparso, mentre si sono conservati in parte i muri esterni dei lati sud ed ovest. Ma anche se ridotto in queste precarie condizioni, il Castello rappresenta il simbolo storico di una comunità, quella di Archi, che attraverso i secoli della sua esistenza è rimasta sempre raccolta intorno alle sue mura.